Inquinamento
Il Mar Mediterraneo è inquinato da numerose sostanze considerate pericolose dal punto di vista ambientale e tossicologico: composti di idrocarburi, sostanze tossiche persistenti, metalli pesanti e materiali radioattivi. L’impatto degli inquinanti è accentuato dalla natura chiusa e oligotrofica del bacino.
I predatori al vertice della catena alimentare, e in particolare i cetacei, sono più esposti agli effetti tossici e più vulnerabili perchè accumulano alte concentrazioni di contaminanti antropogenici, considerati Persistenti, Bioaccumulativi e Tossici (PBT).
I cetacei sopportano un carico inquinante elevato, accumulano nei loro tessuti importanti concentrazioni di sostanze tossiche, e le trasmettono ai neonati attraverso il latte materno.
Non ci sono ancora prove che gli inquinanti chimici causino direttamente la morte dei cetacei, tuttavia è certo che alcuni tra questi causano disfunzioni immunitarie e riproduttive. Per esempio, gli effetti immunosoppressivi dei composti organoclorurati quali i PCB hanno dimostrato che queste sostanze compromettono le risposte immunitarie dei mammiferi e aumentano la diffusione delle epidemie.
I composti organoclorurati sono anche noti per essere sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino.
Marine Litter
Il continuo accumulo di detriti nell’ambiente marino rappresenta un problema globale crescente e una grave minaccia per la biodiversità marina. Dall’ambiente bentonico alla zona pelagica, l’intero spettro degli habitat marini è sotto pressione a causa dei suoi effetti. Ha il potenziale di influenzare tutti i livelli trofici, dai microrganismi planctonici fino alla megafauna marina.
I rifiuti marini comprendono tutti i rifiuti prodotti o solidi che entrano nell’ambiente marino, indipendentemente dalla loro origine. Possono essere classificati in diverse classi di materiali, tra cui plastica (polistirolo, reti, corde, boe, monofilamenti e altre attrezzature legate alla pesca, articoli legati al fumo come mozziconi di sigaretta o accendini), metallo (ad esempio, lattine per bevande, tappi di bottiglia, linguette a strappo), vetro, carta, gomma e stoffa.
Gli impatti sui mammiferi marini sono diversi: blocchi intestinali causati dall’ingestione di rifiuti, malnutrizione e avvelenamento, blocco dei meccanismi di alimentazione dei filtri da piccoli detriti di plastica particellare, danni fisici e morte.
L’84% dei capodogli spiaggiati nei mari italiani tra il 2008 e il 2019 aveva nel proprio stomaco frammenti di plastica, con il ritrovamento straordinario di ben 22 chili di plastica nella femmina spiaggiata a Olbia a inizio 2019 (vedi foto sopra, © Seame Sardinia) . La causa sono i grandi teli usati per l’agricoltura, le buste, i filamenti derivati dalla frammentazione della plastica, che si accumulano nei loro stomaci.
Microplastica
La plastica può degradarsi in pezzi microscopici. Le microplastiche (generalmente definite come frammenti di dimensioni inferiori a 5 mm) che galleggiano sul Mar Mediterraneo hanno raggiunto le 115.000 particelle per km2.
Grazie all’elevata capacità di assorbimento di sostanze chimiche organiche idrofobiche, le sostanze chimiche aderenti possono essere trasportate da microplastiche che percorrono lunghe distanze. Le microplastiche possono fungere da vettori di inquinanti organici persistenti negli ecosistemi marini.
La plastica planctonica caricata negli inquinanti organici può essere facilmente scambiata per preda e, dopo l’ingestione, gli inquinanti si bioaccumulano. Una vasta gamma di organismi, dal plancton ai vertebrati più grandi come le balene, può ingerire microplastiche, ma gli impatti sugli organismi e sull’ambiente sono in gran parte sconosciuti.